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Livingston, Penn e lo Stregatto solare
TAG: cicli solari, macchie solari, cicli solari, minimo solare, Bill Livingston, Matt Penn, Chesihire Cat
Tutti ricorderanno lo Stregatto della favola di “Alice nel paese delle Meraviglie” della propria infanzia. Ma cosa c’entra lo Stregatto con il Sole? Lo potremo capire solo alla fine di questo articolo.
Alice e lo Stregatto nella visione di Walt Disney
Intanto ricordiamo quanto ha destato scalpore nel mondo scientifico che si interessa al Sole la relazione sulle macchie solari dei due astronomi del National Solar Observatory di Tucson in Arizona [12], Bill Livingston e Matt Penn.
Il sito di Kitt Peak del National Solar Observatory
I loro nomi hanno cominciato a diffondersi straordinariamente nel mondo grazie al quesito posto dal loro lavoro dal titolo “Sunspots may vanish by 2015?”, ossia “Le macchie solari possono sparire a partire dal 2015?” pubblicato nel 2006 [9]. Bisogna premettere che questi due ricercatori hanno affinato la tecnica per la valutazione del magnetismo delle macchie solari introducendo una nuova tecnica, in quanto da circa un secolo gli astronomi solari misurano l’intensità dei campi magnetici delle macchie solari mediante lo “sdoppiamento Zeeman” dal nome del fisico olandese che lo scoperse. Lo Sdoppiamento Zeeman in spettroscopia è lo sdoppiamento dello spettro emesso dagli atomi del ferro nell’atmosfera del Sole quando sono attraversati da un campo magnetico.
Da sempre è stato usato lo spettro visibile della luce del Sole per questa misurazione, ma Livingston e Penn hanno iniziato ad usare al contrario una frequenza più bassa nella regione infrarossa dove lo sdoppiamento Zeeman appare più sensibile. Questa piccola innovazione ha migliorato di molto la leggibilità dei risultati, in quanto le linee emesse dallo spettro sono molto più lontane tra loro. Inoltre, la casistica dei due ricercatori è parecchio interessate, in quanto riguarda la misurazione del magnetismo delle macchie solari dai primi anni ‘90 al 2009. In particolare la maggior parte dei dati raccolti è tra il 1998 e il 2005. Durante questo periodo durato 19 anni il valore medio del magnetismo delle macchie solari è disceso costantemente lungo una retta ben evidente posta in un sistema cartesiano dove l’anno di osservazione è posto sull’asse delle ascisse e il valore di magnetismo in gauss sull’asse delle ordinate (ponendo a zero il valore di 1500 gauss, che è il limite di campo magnetico necessario perché si formi una macchia solare). Se noi procediamo al prolungamento di questa retta oltre la data odierna fino all’incrocio con l’asse dell’ascisse il valore zero si ottiene nel 2015.
Grafico tratto dalla pubblicazione del 2006 "Sunspots may vanish by 2015?", nella quale i dati si fermano al 2005.
Quindi il dato che si ricava da questa estrapolazione, se continua l’andamento attuale, è che nel 2015 cesseranno di presentarsi le macchie solari. Il che non è poco perché un’attività solare al minimo è responsabile di un raffreddamento globale del pianeta. Personalmente i due astronomi solari hanno dichiarato, in particolare Penn, che credono che le macchie solari si ripresenteranno in futuro. Ma questo è pacifico, se posso commentare, importa quando però. Perché se questo accadrà appena tra trenta anni ci sarà un forte raffreddamento climatico globale, come già visto in epoche passate.
Per ora Penn ha anche dichiarato a Tony Phillips, intervistatore scientifico che ha curato un articolo su questa ricerca sul sito della NASA pubblicato nel 2009 [4] (n.d.r. lo stesso intervistatore che aveva steso anche l’articolo sulle ricerche di Merav Opher): “I campi magnetici delle macchie solari stanno diminuendo di circa 50 gauss all’anno. Se estrapoliamo tale tendenza nel futuro, intorno al 2015 le macchie solari potrebbero essere completamente svanite”. Ma si è anche affrettato a dire: “La nostra tecnica è relativamente nuova ed i dati vanno a ritroso solo di 17 anni. Quindi la flessione potrebbe essere un normale aspetto dei cicli solari”
David Hathaway, il massimo esperto mondiale in Fisica Solare, ha dichiarato il suo turbamento per i dati di questo lavoro che però riconosce essere stati raccolti con rigore. Ma quello che i colleghi contestano e non perdonano al lavoro di Livingstone e Penn non è la raccolta dei dati che appare rigorosa, ma la estrapolazione di questi ultimi. Nello stesso articolo di Tony Phillips sul sito della NASA, Hathaway dice testualmente: "La tendenza che hanno scoperto Livingston e Penn sembra essere reale”. Hathaway osserva però che la maggior parte dei loro dati sono stati raccolti dopo il massimo del ciclo solare 23 (2000-2002), quando l'attività delle macchie solari ha cominciato naturalmente il declino ed ha aggiunto “Il calo di campi magnetici potrebbe essere un aspetto normale del ciclo solare, e non un segno che le macchie solari stiano definitivamente scomparendo”.
Non bisogna però dimenticare che il prof. Hathaway alcuni anni orsono aveva previsto, in base alle sue teorie, un prossimo massimo solare nel 2011, poi corretto nel 2012. e la NASA pochi giorni fa ha spostato questo massimo solare al 2013, quindi le sue caustiche osservazioni sul lavoro di Livingston e Penn danno l’impressione di nascondersi dietro un dito.
Nella discussione che ho avuto qualche giorno fa con una astrofisica del Dipartimento di Fisica di Trieste, si parlava della sua scelta personale nelle sue linee di ricerca di orientarsi verso la cosmologia, perché le sembrava che sul Sole ormai si fosse detto tutto, ma che ora si rendeva conto che gran parte delle nozioni date come postulato, in definitiva non erano state sufficientemente approfondite. Ed in effetti il l’attuale silenzio di questo periodo del prof Hathaway sul comportamento del Sole in questo ciclo 24 parla chiaro: le sue previsioni erano errate o fortemente da correggere.
Ma ritornando a Livingstone e Penn bisogna sottolineare la loro convinzione che le macchie solari si manifestino sulla superficie della fotosfera solo quando il campo magnetico è più intenso di 1.500-1800 gauss. Se le previsioni matematiche non sono sbagliate ad un ritmo di 77 gauss in meno all’anno, come scritto nel loro lavoro del 2006 [9], presto le macchie non saranno più visibili sulla superficie del Sole.
Ma chi sono questi due ricercatori che sono riusciti a contraddire Hathaway? Proviamo ad analizzare il loro curriculum [10, 11].
Il più conosciuto è William Charles “Bill” Livingston che è tutt’altro che un giovane ricercatore. Nato nel 1927 a Santa Ana (California) ha iniziato la sua carriera di astronomo solare già nel 1950 al Snow Telescope del Monte Wilson in California per conto dell’Università del Michigan dove, come astrofisico, faceva l’assistente. Già all’epoca si interessava della mappatura fotometrica dello spettro solare all’infrarosso utilizzando attrezzature sviluppate durante la Seconda Guerra Mondiale. Assieme a Keith Pierce, un altro famoso astronomo statunitense, ha condotto ricerche pionieristiche sullo spettro solare e collaborato alla messa a punto del magnetografo solare di Monte Wilson. Questo tipo di ricerca lo mise in contatto con i più famosi astronomi dell’epoca e che lo spinsero a conseguire un dottorato in astronomia a Berkley.
William "Bill" Charles Livinston
Quindi, sin dal 1962 Keith Pierce gli propose il suo trasferimento all’osservatorio posto vicino a Tucson (Arizona) al Kitt Peak National Observatory per partecipare alla messa a punto del nuovo McMath-Pierce Telescope, facendolo diventare il primo astronomo dello staff in formazione con a disposizione fondi praticamente illimitati. La sua pratica di apparecchiature astronomiche lo portò prima ad interessarsi del magnetografo che lo portò alla scoperta dei campi magnetici “deboli” di origine solare e poi a produrre completi magnetogrammi del disco solare dal 1973 al 2003 usando attrezzatura moderna come il SOLIS. Livingston è dal 1994 professore emerito ed è molto famoso presso gli astronomi cinesi ed europei dei quali molti possono vantarsi di essere stati suoi collaboratori a Tucson [10]. Inoltre se si scorre l’attuale ordine di servizio del telescopio McMath-Pierce Telescope di questo inizio d’anno [12] si scopre che Livingston è ancora in piena attività nonostante i suoi 83 anni suonati.
L'ordine di servizio al McMath-Pierce Telescope di inizio 2010
Quindi un vero scienziato con quasi 50 anni di esperienza in fotometria che elabora magnetogrammi sul telescopio solare più prestigioso degli Stati Uniti, inaugurato nei primi anni ’60 dal presidente John F. Kennedy in persona, che lo definì “la più grande apparecchiatura solare del mondo e motivo di orgoglio per l’intera Nazione” [16].
L'interno della colonna principale del McMath-Pierce Telescope
Mattew J. Penn, “Matt”, oltretutto un fortissimo maratoneta, è molto più giovane di Livingston anche se ormai avviato verso la mezza età, è anche lui parte dello staff del McMath-Pierce Telescope [12]. Ha cominciato a pubblicare con la NASA sin dal 1986 in materia solare [11] e la sua collaborazione con Livingson ha prodotto pubblicazioni con entrambi i nomi a partire dal 2002.
Mattew "Matt" J. Penn
Sin dal 2003 hanno pubblicato assieme, in due diversi lavori scientifici, i risultati delle osservazioni spettroscopiche delle macchie solari eseguite con la telecamera ad infrarossi CSUN-NSO Camera che ha verificato il continuo modificarsi dell’intensità del campo magnetico presente nelle macchie solari [1] [3].
La telecamera CSUN-NSO
La stessa telecamera collegata a dei computer dotati di programma di imaging sono in grado di ottenere immagini spettacolari. Un esempio del loro lavoro sono la sequenza di frames di un piccolo flare solare e di una prominenza solare poste qui sotto ed ottenute nel 2003.
Matt Penn si interessa moltissimo di spettroscopia. Per far capire che cos’è la spettroscopia nell’osservazione solare, qui sotto vi è un esempio del cambiamento di lunghezza d’onda all'interno della penombra di una macchia solare, tratto dalle ricerche di Matt Penn. In essa è visibile l’immagine di un gruppo di macchie solari ad una frequenza vicino ai 1565nm e lo sdoppiamento dello spettro all’interno dell’ombra (parte centrale della macchia solare) che mostra la divisione molecolare derivate dall’effetto di sdoppiamento Zeeman.
L'immagine della macchia solare all'infrarosso e lo sdoppiamento Zeeman delle molecole
Ugualmente Penn utilizza le tecniche di spettro polarimetria le cui osservazioni sono vicine ai 2231 nm e permettono addirittura di elaborare i vettori che escono dal campo magnetico della macchia.
Sono ben visibili le frecce che indicano la direzione delle forze del campo magnetico che escono dalla macchia solare
Con questa tecnica vengono rimosse tutte le interferenze e le impurità poste all’interno della macchia e nella sua penombra, permettendo di misurare l’intensità e la velocità dei campi magnetici presenti grazie all’effetto Zeeman.
In conclusione anche Penn è un vero scienziato con ampie capacità ed esperienza. Quindi nonostante le critiche ricevute si tratta di due ricercatori capaci e attenti e con un’esperienza superiore alla capacità medie degli astronomi solari e con a disposizione attrezzature moderne ed aggiornate non disponibili a tutti i centri di ricerca. Il logo del del National Solar Observatory (NSO) Arizona
Ma cosa hanno detto tanto di speciale nei loro articoli? Prendiamo in esame i fatti uno ad uno. Per capire realmente lo spessore del lavoro di Livingston e Penn partiamo da quanto detto da David Hathaway della NASA, vero “guru” nel campo dell’astronomia solare. Hathaway dice (e scrive) [13]: “Il magnetismo solare è la vera chiave di lettura per capire il Sole.
Il campo magnetico è infatti generato dal flusso di ioni ed elettroni elettricamente carichi e le macchie solari sono il posto dove queste intense linee di forza magnetica si aprono un varco attraverso la superficie del Sole” e continua “I campi magnetici sono alla base di tutte le manifestazioni solari sopra e intorno al Sole … e con una strumentazione corretta possiamo determinare la forza e la direzione del campo magnetico attraverso la superficie del Sole”.
David Hathaway
E conclude: “Una migliore comprensione del campo magnetico del Sole ed il suo comportamento ci permetterà di fare le migliori previsioni sulla situazione atmosferica dello spazio cosmico (n.d.r. Hathaway evita accuratamente di parlare di clima terrestre). Le osservazioni svolte sul campo magnetico solare durante il corso degli ultimi 20 anni, basate su due cicli di macchie solari, illustrano il suo comportamento” suggerendo “speriamo che nel prossimo futuro capiremo abbastanza bene il Sole per fare predizioni basate sulle condizioni correnti e i periodi passati usando un modello matematico dei processi attuali” [13].
Ed è quello che hanno fatto proprio Livingston e Penn con le loro ricerche.
Quindi anche se Hathaway non è d’accordo con loro, lui stesso afferma che attraverso modelli matematici si può approssimare un comportamento futuro del Sole [13]
Harry Roberts esperto solare del gruppo Sydney City Skywatchers su questo punto fa un’interessante osservazione sui risultati ottenuti da Livingston e Penn [14]: “Il Sole ha avuto due anomalie particolari nella decade passata. La prima anomalia è che i flares del Ciclo 23 sono stati molto più forti che nei due cicli precedenti e inversamente proporzionali al numero delle macchie solari. Ossia, anche se il numero di macchie è diminuito fortemente dal Ciclo 21 al 22 fino al 23 il Sole ha avuto molti flares più intensi che nei due cicli precedenti, quindi con un rapporto inverso o meglio con un'anti-correlazione”.
Inoltre, questi forti flares si sono determinati in un periodo molto più lungo che nei primi cicli, raggiungendo un picco nel 2003/4. La seconda anomalia è l'attuale attività solare che, al contrario di come ci si aspettava, è scesa al minimo. Ma questo minimo solare è anche insolitamente profondo e prolungato. Infatti il minimo precedente di tale misura risale al 1913. E’ di conseguenza il minimo più profondo da quasi cento anni. Roberts sottolinea: “I due eventi sembrerebbero collegati tra loro. È come se il Sole, avendo avuto una spesa di energia enorme superiore alla norma nei cicli precedenti ora si ritrovi in difficoltà nel riprendere la sua normale attività” [14].
Svolti questi aspetti, cosa ha veramente di particolare il lavoro di Livingston e Penn? Il loro primo lavoro originale risale ancora al 2005, quando il Sole era ancora al massimo e vi era il pieno dominio della teoria del Global Warming, e sembra che inizialmente fu rifiutato da più riviste scientifiche nonostante la raccolta rigorosa dei dati, perché giudicato troppo controverso. Vi sono molti pettegolezzi che circolano in Internet su questi episodi.
Questo fatto citato anche da un libro molto diffuso “Red hot lies” di C. Horner ha suscitato a suo tempo anche la forte e giusta irritazione di Matt Penn per non essere stato interpellato dall’autore sull’episodio in cui era coinvolto (mancata accettazione del lavoro da parte di Science) e per le teorie complottiste illustrate nel libro stesso e che lo spinse a scrivere una lettera di protesta al distributore del libro visibile tuttora su Internet [15]. Penn ha più volte protestato per l’interpretazione data a questo episodi e ciò lo spinse anche a scrivere ad un blog statunitense in maniera molto sintetica: “La comunicazione fu rifiutata da Nature, ma fu pubblicata in Astrophysical Journal Letter (2006, v649, L45). A partire da quella volta sono state fatte nuove osservazioni agli infrarossi e la forza dei campi magnetici hanno mostrato lo stesso comportamento della estrapolazione lineare vista nel 2006. Gli altri insiemi di dati mostrano un comportamento diverso come in Penn e MacDonald, ApJ 2007, v662 L123” [5].
I ricercatori nel loro lavoro hanno utilizzato lo spettroscopio solare analizzando le osservazioni delle macchie solari inizialmente in un periodo di 15 anni (1990-2005), valutando più di 1000 macchie e annotando la l’intensità dell’ombra, la temperatura e la forza del campo magnetico [9]. Con le attrezzature a disposizione che ho illustrato poco sopra, non c’è dubbio che disponevano di ampie possibilità.
Il McMath-Pierce Telescope usato nella ricerca di Livingston e Penn
Livingston e Penn hanno scoperto che il campo magnetico della macchia solare stava decrescendo rapidamente da quasi 3000 Gauss dalla fine del 1990 a quasi 2000 Gauss nel 2005, con una perdita annua media di circa 77 gauss, indipendentemente dalla fase del ciclo solare. Estrapolando l’andamento osservato fino al 2015 la forza del campo magnetico sarebbe arrivata a 1500 Gauss. A quel punto, la struttura della macchia solare non sarebbe stata più mantenuta e nessuna ombra scura sulla superficie del Sole sarebbe stata più visibile [9]. Di conseguenza, se il campo magnetico continuava a decrescere, il Sole avrebbe continuato a divenire col tempo meno attivo finché il termine del ciclo solare undecennale sarebbe stato rimandato fino al 2015. Rimaneva in sospeso il perchè del meccanismo che guidava questo processo e soprattutto quando sarebbero ricominciati dei cicli solari normali con il risultato che comunque dal 2015 non ci sarebbero state più macchia solari visibili [9]. La conclusione della loro ricerca certamente stava spaventando la comunità scientifica ed anche il titolo del loro lavoro: “Le macchie solari possono svanire entro 2015?" non mitigava questo aspetto. Ma si dovrebbe notare che il loro lavoro considerava solamente dati di 15 anni che è un periodo solo un po’ più lungo di un ciclo. Gli stessi dati bastati su molti cicli di macchie solari certamente sarebbero stati visti come più conclusivi.
Una cosa sembra certa. Se l’attuale andamento dell'attività solare divenisse veramente un trend stabile, nessuno potrebbe criticare Livingston e Penn tacciandoli di conclusioni affrettate. Certo Livingston e Penn meritano credito per l'analisi accurata e la scoperta, ma la comunità scientifica deve comunque essere cauta quando le conclusioni sono basate su dati molto limitati a perdita di rischio della credibilità. La loro conclusione era di tipo non politicamente corretto, ma sicuramente geniale e sembra per ora essere suffragata dai fatti. E come diceva Einstein la mente intuitiva è un dono sacro.
Va a questo punto citata anche la ricerca di Penn e McDonald (Dipartimento di Astronomia, Università Washington, Seattle) che hanno scoperto, sempre con i telescopi di Keat Peak attraverso dati spettromagnetografici, che le macchie solari durante un ciclo appaiono più chiare (quindi più calde e con minore intensità di campo magnetico) durante la fase di minimo e più scure (quindi con temperatura di molto inferiore al resto della superficie solare) durante un massimo solare, con una variazione media tra loro di circa 600 Gauss [6]. Oltre al ben noto “paper” del 2006 di Livingston e Penn esistono infatti numerosissimi lavori scientifici che coinvolgono entrambi sulle caratteristiche delle macchie solari derivati da ricerche mediante le apparecchiature del NSO.
Successivamente Livingston e Penn, visto il clamore suscitato dalla loro previsione, hanno fatto uscire un nuovo lavoro dal titolo ironico e indubbiamente con un certo senso del humor “Sunspots Today: A Cheshire Cat” [7], che significa “Le macchie solari di oggi: uno Stregatto”. Forse non tutti ricorderanno chi è lo Stregatto, ma molti ricorderanno la favola di “Alice nel Pese delle Meraviglie”. Bene, lo Stregatto è il gatto a strisce rosa e viola che ogni tanto compare in maniera misteriosa ad Alice per darle indicazioni altrettanto misteriose.
Lo Stregatto appare e scompare, ma rimane il suo sorriso nello splendido disegno di Walt Disney
Livingston e Penn paragonano, infatti, le attuali macchie solari allo Stregatto del quale ogni tanto si vede il sorriso, si sente la voce, ma non si vede il resto del corpo. Nel loro lavoro questa volta le osservazioni spettroscopiche sono state estese su di un periodo compreso dal 1990 al 2009, quindi per quasi venti anni e a cavallo di tre cicli solari (il ciclo 24 era all’inizio). In questo lavoro le loro misurazioni spettrografiche agli infrarossi differiscono in maniera quantitativamente differente dalle osservazioni presenti nei magnetogrammi presi da altre fonti attraverso la luce visibile, e questo Livingston e Penn lo sottolineano molto chiaramente [7].
Massimo campo magnetico rilevato in rapporto alla luminosità delle macchie
Il che significa che la loro tecnica è effettivamente più sensibile da quelle utilizzate da altri ricercatori, in quanto componendo il magnetogramma con la luce visibile i risultati sono compromessi dalla luce diffusa e in definitiva si misura solo il flusso magnetico, ma non la forza del campo. Il limite per il determinarsi di una macchia solare è corretto a circa 1.800 gauss. Sottolineano anche che la forza del campo magnetico delle macchie continua a declinare tuttora, forse perché sono anche mediamente diminuite nelle dimensioni. Inoltre le attuali condizioni di minimo solare stanno diventando inferiori a quanto rilevato intorno agli inizi dell’altro secolo (1910).
Numero di giorni senza macchie rispetto ai cicli e paragonati a quanto rilevato nel 1910
Il paragone con lo Stregatto si riferisce al comportamento dei campi magnetici che ci sono, come il sorriso dello Stregatto, ma non riescono ad avere la forza di formare delle macchie, esattamente come il corpo dello Stregatto che c’è, ma non si vede [7]. L'esempio dello Stregatto calza benissimo per chi ha il ricordo del sorriso del gatto di Alice, spesso presente, ma enigmatico e per nulla rassicurante. Testimonia anche il senso dell'umorismo che sicuramente alberga nei due ricercatori I dati e l’andamento precedentemente sottolineato nel 2006 venivano totalmente confermati e il nuovo grafico appariva ancora più inquietante.
L'andamento medio dei campi magnetici delle macchie solari dal 1990 al 2009
Molto interessante nel loro lavoro l’immagine (vedi figura sotto) di una macchia solare del ciclo 23 ripresa nel 2003 con il telescopio McMath-Pierce che presenta chiaramente un ombra centrale da 3422 gaus e una penombra ugualmente visibile di circa 1722 gauss, paragonata nella stessa scala all’immagine di un pore ripresa da SOHO nel 2009 con un campo magnetico di circa 1969 gauss.
Questo esempio è l’espressione grafica di quanto accadeva sulla superficie del Sole tempo fa e quanto sta succedendo ora in questo momento sul Sole.
Nel loro lavoro c’è anche un preciso paragone alle condizioni che si presentarono nel periodo del Minimo di Maunder del quale ho già trattato ampiamente su questo sito (qui).
Giunti alla fine di questo elaborato bisogna trarre delle conclusioni. Certo i dati di Livingston e Penn sono sparsi su un periodo ancora breve, considerata l’età dell’astro, ma le conclusioni sono chiarissime e la loro interpretazione appare corretta: stiamo andando incontro ad una nuova Piccola Era Glaciale, ciclica e naturale quanto si vuole, ma Era Glaciale resta.
Ed il fatto che alcune corporations stiano di questi tempi acquistando a man bassa terreni in zone subtropicali che in teoria avrebbero dovute essere sommerse dal mare a prezzi stracciati in seguito al tanto sbandierato scioglimento delle calotte artiche per Riscaldamento Globale (ad es. alle Isole Tonga), inquieta ancora di più, ma ci fa fortemente sospettare quale sarà probabilmente il nostro prossimo futuro.
Io stesso mi auguro che si sbaglino perchè un periodo di estremo minimo solare, come fu il minimo di Maunder, sarebbe un momento difficile per tutto il mondo non solo dal punto di vista ambientale, ma soprattutto dal punto di vista economico e sociale.
Ma per ora i dati dicono questo. Staremo a vedere
Bibliografia [1] Penn, M.J., Cao, W.D., Walton, S.R., Chapman, G.A., and Livingston, W. 2003, ``Weak Infrared Molecular Lines Reveal Rapid Outflow in Cool Magnetic Sunspot Penumbral Fibrils'', ApJ 590, L119-122.
[2] Penn, M.J. Walton, S.R., Chapman, G.A., Ceja, J.A., Plick, W., ``Temperature Dependence of Molecular Line Strengths and Fe I 1565 nm Zeeman Splitting in a Sunspot '' Solar Physics, 2003, 213 p55
[3] Penn, M.J., Cao, W.D., Walton, S.R., Chapman, G.A., and Livingston, W. 2003, ``Imaging spectropolarimetry of Ti 2231 nm in a Sunspot'', Solar Phys. 215, 87-97.
[4] Are Sunspots Disappearing? By Tony Phillips: http://science.nasa.gov/headlines/y2009/03sep_sunspots.htm
[5] The Controversial Paper of Livingston And Penn: http://eworldvublog.blogspot.com/2008/10/controversial-paper-of-livingston-and.html
[6] Solar-cycle Changes in Sunspot Umbral Intensity, M.J.Penn & R.K.D. MacDonald
[7] Sunspots Today: A Cheshire Cat, W.C.Livingston & M.J. Penn
[8] Penn, M.J. and Livingston, W., Temporal Changes in Sunspot Umbral Magnetic Fields and Temperatures, Astrophys. Jour., 649, L45-L48, (2006).
[9] Sunspots may vanish by 2015?, W.C.Livingston & M.J. Penn
[10] Curriculum di Bill Livingston: http://www2.nso.edu/staff/wcl/vita.html
[11] Pagina personale di Matt Penn: http://www.noao.edu/noao/staff/mpenn/
[12] National Solar Observatory: http://www.nso.edu/
[13] The Key To Understanding the Sun by David Hathaway, NASA, 2007: http://solarscience.msfc.nasa.gov/the_key.shtml
[14] Harry warns that the Sun may have lost its spots by Harry Roberts, Sydney Observatory, 31 mar 2009
[15] Rewiews Written by Mattew Penn on “Red Hot Lies” by C.Horner: http://www.amazon.com/gp/cdp/member-reviews/A3R3JTT6WWBRB5/ref=cm_pdp_rev_more?ie=UTF8&sort_by=MostRecentReview#R27RTM9ATQBEYW
[16] McMath-Pierce Telescope: http://nsokp.nso.edu/mp/mp.html
by Pablito - 27 febbraio 2010
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